mercoledì 17 marzo 2010

Direzione Penang in bus, Malesia.



Finalmente e' arrivato. E' un minibus 12 posti piccolissimo.
Mi viene da piangere.
Carichiamo i bagagli, io salgo per primo poi piano piano tutti gli altri. E' un minibus psichedelico, sedili in pelle viola, tende rosa, soffitto amaranto. Orrendo. Considerato il fatto che ci dovro' stare seduto per 8 lunghissime ore me lo dovro' far piacere per forza. Ovviamente e' al completo. Prima fila guidatore e due donne thai sulla trentina, seconda fila inglesi due donne e un ragazzo giovane, suppongo siano mamma nonna e nipote, altre tre persone nazionalita' ignota forse svedesi e dietro in ultima fila io e due ragazze belle robuste di colore, americane. Una condanna. Volevi risparmiare, adesso t'attacchi. Una costante, gli sguardi delle persone sono rapiti dai colori del minibus, e pare che il proprietario ne sia entusiasta!

Il viaggio parte bene, incastrato tra il finestrino e la mia ingombrante vicina sono riuscito a trovare una posizione "comoda" per dormire, penso di essere crollato dopo circa un centinaio di kilometri anche se mi sono dovuto impegnare piu' di un monaco tibetano per rilassarmi.

Arriviamo ad Hat Yay nell'estremo sud della Thailandia circa in 7/8 ore, il viaggio e' stato durissimo. In realta' io pensavo di essere gia' a Penang, mi sbagliavo, eravamo solo alla frontiera. Una volta scesi e oltrepassata la frontiera siamo finalmente in Malesia! Timbro sul passaporto e sorpresa! un altro minibus! Pero' questo minibus e' da favola, interni in pelle beige, posti comodi e larghi, impianto stereo degno di una discoteca tv e dvd! Facciamo altre due ore circa di tragitto immersi nel buio della Malesia e poi magicamente il ponte che collega l'isola di Penang alla terra ferma. Mille luci e palazzi alti, moderna e stupenda da lontano, gia' mi immagino a spasso per la citta'.

Le ultime ore di tragitto le passo chiaccherando con un ragazzo spagnolo molto simpatico che fa l'istruttore di sub a Krabi e decidiamo di cenare e cercare l'albergo insieme una volta arrivati. Se devo dirla tutta il viaggio e' stato un inferno la prossima volta prendero' sicuramente un aereo ma adesso come adesso non mi pesa molto, sono troppo contento di essere arrivato sano e salvo in Malesia! Quindi non mi rimane che cercare un albergo e ci sara' da ridere..

Per il momento e' tutto, saluti dal pompiere viaggiatore.

lunedì 15 marzo 2010

Direzione Penang, Malesia.



Ore 5e25, suona la sveglia e' buio fuori, il vento soffia leggero.
Grilli e qualche gallo che soffre d'insonnia come colonna sonora.

Metto nello zaino piccolo un paio di boxer, una bermuda verde militare, una maglietta, un paio di calzini, il telefono, lo spazzolino, i soldi, il passaporto e le sigarette con l'accendino. Mi faccio una doccia veloce, la mia ragazza mi obbliga a fare colazione, un bacio e corro all'appuntamento col taxi davanti al 7/11.

Sulla strada nessuno.

Alle 6 puntualissimo arriva il taxi, salgo dietro nel cassone del pick up direzione porto. Caffe' caldo appena comprato e nicotina, la colazione del campione e' servita. In meno di 15 minuti sono al porto, il traghetto e' ormeggiato mi siedo fuori e aspetto che aprano i cancelletti per l'imbarco. Non siamo molti in attesa, due coppie di fidanzati e diverse piccole comitive di amici semi ustionati e un po rincoglioniti, suppongo a fine vacanza viste le enormi valigie che si trascinano. Pazzesco, ma perche' non sicomprano gli zaini? Il sole lentamente inizia la sua salita, giornata nuvolosa, vento che porta pero' uno squisito profumo di mare.

Ore 7 si parte, saliamo a bordo del traghetto che ci portera' sulla terra ferma. Traghetto niente male, due opzioni di scelta per il viaggio, posto coperto con semi-lettino al primo piano o tetto e cielo aperto. Ovvio, vado sopra e mi godo l'alba. Appena seduto mi accorgo di aver fatto un ottima scelta, aria fresca in faccia, un mare che sembra dipinto e un alba dietro alle nuvole che mi regala i primi brividi della giornata. Ovviamente sono l'unico, ma non mi dispiace. Colori dal viola al giallo, il lento viaggiare della nave, il profumo del mare, prendo il telefono metto le cuffie e faccio partire i Subsonica,"Nei nostri luoghi". Chiudo gli occhi ed e' magia. Due ore di paradiso nel paradiso.

Arriviamo a Surat thani alle 9e30 circa, appena scesi veniamo dirottati verso un grosso bus molto comodo ed accogliente, trovo il mio posto mi siedo e con molto piacere noto che nessuno prende posto al mio fianco, dev'essere quest'enorme scorpione che ho tatuato sul collo, almeno serve a qualcosa. Mi spaparanzo sui miei due sedili e mi lascio andare al sonno. Speravo effettivamente di risvegliarmi in Malesia ma purtroppo i miei sogni vengono interrotti dopo circa un ora. Scendiamo dal grande bus da 60 posti davanti ad un piccolo chiosco-ristorante-biglietteria. Il mega bus comodo si allontana e qualcosa nella testa mi dice che forse era meglio prendere l'aereo. Bhe' ma perche' disperare, mi prendo una bella coca-cola ghiacciata e un pacchetto di patatine, a pancia piena si dorme meglio.

Ore 11e30. E' un ora ormai che siamo in attesa, niente. No bus, no macchine. NIente.

Ma io non vedo l'ora di partire, voglio passare la frontiera, voglio assaggiare la Malesia. Mi tremano quasi le gambe, mi verrebbe quasi voglia di partire e andare a piedi. Mi accendo una sigaretta. Le attese mi innervosiscono.
E se penso che due anni fa non sapevo nemmeno dove fosse la Malesia. Due anni fa ero seduto davanti ad un computer a sognare di diventare un Dio della pubblicita'.. e invece eccomi qui ,seduto su un marciapiede in Thailandia, circondato da sconosciuti in attesa di autobus che mi portera' a vedere un altro piccolo pezzo di mondo, l'ennesimo pezzo di un puzzle. Ma la domanda che mi assilla e' che cosa mi mostrera' il puzzle una volta finito?

Iniziamo a prendere il bus, poi se ne riparla.

martedì 2 marzo 2010

Bianco, nero, abbronzato, pallido. Di che colore vuoi essere?



Sole caldo e bastardo. Leggera brezza.
Silenzio, qualche auto in lontananza.
Faccio partire i Massive Attack, rigorosamente in cuffia.

Ci copriamo sempre di ridicolo noi umani. Siamo gente strana e spesso il nostro colore parla al postro nostro. Ormai e' un anno che vivo dall'altre parte del mondo e una delle cose che mi ha stupito di piu' e' quella che vi sto per raccontare.

Appena arrivato, sotto il caldo sole Thai, il mio primo pensiero e' stato "abbronzatura". Sono diventato nero come un marocchino nel giro di una settimana. Impegno e costanza, birra e sigaretta, asciugamano e olio. Il mio nuovo colore mi piaceva. Mi piaceva forse di piu' l'idea che le persone mi guardassero come uno che era gia' un bel po' che se la godeva in spiaggia. Stupidi pensieri come al solito. Ma nel giro di pochi mesi, vivendo, parlando, leggendo mi sono reso conto che stavo facendo la figura del pirla, tanto per cambiare. Perche'? Bhe' dall'altra parte del mondo non e' l'abbronzatura che piace, anzi, non piace per niente.

Stupore.

In questo paradiso della normalita' e' la pelle bianca a vincere. Qui, il colore biano latte non e' considerato come da noi malaticcio, ma al contrario e' considerato elegante, regale, pulito, affascinante. Alle donne Thailandesi piace essere bianche latte, in televisone passano spot di donne bianchissime quasi trasparenti, le super star sono quasi tutte molto bianche, e io ero un carboncino. E mi piacevo. Insomma, tutta la fatica e la costanza, che per una volta nella vita avevo avuto, mi viene distrutta nel giro di pochi mesi. Ma non ne ero ancora molto convinto, quindi sono passato al contrattacco. Abbronzo la mia donna thai, lancio una nuova moda, scatta la rivoluzione.

E' stata una guerra, con mezzi trucchetti ho tentato di farle superare la soglia dell'ora sotto il sole, da.."facciamo il morto in acqua?" a.." vieni, andiamo a cercare un po di conchiglie che facciamo una collana", uno stratega con un obbiettivo chiaro e preciso, ma ben presto la guerra e' stata persa e la mia rivoluzione si e' trasformata in una Waterloo thailandese. E mi sono sentito ancora piu' pirla. La sera comunque si copriva di borotalco.. e io di crema, si ma quella per le ustioni.

Leggendo la storia di questo splendido popolo me ne sono fatto una ragione e col tempo, sono stato io ad effettuare l'ennesimo cambiamento dentro la mia folle testa. Adesso sono color naturale, come mamma mi ha fatto, non bianco perche' non lo potrei mai essere, ma natuarale, abbronzato dal sole che prendo nel tragitto per fare la spesa, da quello che prendo mentre nuoto o mentre mi godo il tramonto con la mia inseparabile birra Chang. E mi ritorna in mente.. tutto il tempo perso sdraiato sull'asciugamano in toscana, la sofferenza, il caldo, il mal di testa, la puzza d'olio, le mani appicicaticcie.. per un colore che non e' il mio e che ben presto avrei perso. Per non parlare dei soldi spesi in lampade, e quel triste risultato faccia nera corpo bianco. Mio Dio, che brutto che ero. Sembravo montato con corpi diversi.

Piu' passa il tempo e piu' la vita che facevo in Italia mi sembra piena di inutilita', stupide manie, paranoie da grande schermo, rincoglionimento da tubo catodico che sono felice veder scomparire giorno dopo giorno. E poi lo chiamano terzo mondo.

Ma siamo proprio sicuri che questo sia il terzo mondo?


Un saluto dal Pompiere che ha ritrovato il suo colore.
In diretta dall'isola che non c'e'.